Dinamiche sociolinguistiche religiose, lessemi portoghesi nel vernacolo di Goa, India
Résumé
Goa, ancienne colonie du Portugal en Inde – pendant plus de quatre siècles (1510-1961): – est une région qui s'est développée à travers la coexistence de deux cultures dominantes (portugaise et indienne) et de différentes religions. À partir du XVIe siècle, la langue portugaise s'est répandue en Asie et dans l'océan Pacifique. Il s'agit d'un espace historique et culturel privilégié, riche et stimulant, également en termes de contact linguistique que ces contextes ont provoqué. Goa a connu plusieurs changements au cours des siècles, chacun marqué par une identité spécifique et ancré dans la diversité caractéristique de la région. L'arrivée des Européens, notamment des missionnaires, a entraîné une profonde transformation du modus vivendi local. Le phénomène du métissage, à la fois social et culturel, a mis en évidence un croisement de cultures, de religions et de langues, qui a ouvert une nouvelle vision des événements comme une symbiose entre les formes et les contenus indiens et occidentaux. L'urgence de l'évangélisation et la méconnaissance des langues et des coutumes locales par les missionnaires les ont souvent conduits à adopter une attitude typiquement eurocentrique et dominatrice, qui ne tenait pas compte des identités, des valeurs et des traditions autochtones. Le patrimoine linguistique des populations autochtones a été littéralement envahi par de nouveaux concepts et notions, parfois abstraits et incompréhensibles pour ceux qui sont nés et ont grandi dans un contexte hindou. En outre, en Inde, l'art s'est révélé être un domaine privilégié pour la représentation figurative spécifique des vérités de la foi chrétienne. Le peintre originaire de Goa Ângelo da Fonseca, bien qu'il ait été contraint de quitter sa patrie, est un symbole efficace de la création d'un lexique artistique spécifique, imprégné de catégories religieuses et artistiques occidentales. Pourtant, le langage artistique de ses œuvres, représentées dans le respect de la tradition artistique indienne, absorbe inconditionnellement les langages culturels de l'ensemble du sous-continent indien. Ce travail de recherche vise à mettre en évidence la forte interaction (intra et extra) linguistique, qui a eu lieu entre le portugais et la langue vernaculaire de Goa, ainsi qu'à souligner, également dans ce domaine, le rôle de la langue créative indienne de cet artiste de Goa.
Abstract
Goa, an ancient Portuguese colony in India, lived for almost four centuries and a half (1510-1561), under colonial rule or imperial system, a region that developed between the coexistence of two dominant cultures, Portuguese and Indian, and different religions. From the sixteenth century onwards, the Portuguese language spread widely throughout Asia and the Pacific Ocean. Goa therefore constitutes a privileged historical and cultural space, rich and challenging also in terms of the linguistic contact that these contexts provoked. Goa has undergone several changes over the centuries, each marked by a specific identity, and rooted in the diversity characteristic of that region. The arrival of Europeans and, in particular, of missionaries generated a profound transformation of the local modus vivendi. The phenomenon of social and cultural miscegenation highlighted a cross between cultures and religions that opened a new vision of events, as a symbiosis of forms and contents Indians and occidentals. The urgency of evangelization and the lack of knowledge on the part of the missionaries of the local languages and customs, often induced them to a typically Eurocentric, dominant conduct, which did not consider and respected the identities, values of the indigenous traditions. The linguistic heritage of the native peoples was literally invaded by new concepts and notions, sometimes abstract and incomprehensible to those who were born and raised in a Hindu context. Moreover, in India, art has proved to be a privileged sector for the specific figurative and enculturated representation of Christian’s truths and faith. The Goan painter Ângelo da Fonseca, had been forced to abandon his native land but he remains an effective symbol of the creation of a specific religious artistic lexicon, imbued of Christian categories and Indian traditional concepts that absorbs, unconditionally, the cultural languages of all the Indian subcontinent. This research work aims to highlight the strong linguistic and interaction, intra and extra, occurred between Portuguese and the vernacular language of Goa, as well as underlining, also in this field, the role of the Indian creative language of this goan artist.
Table des matières
Texte intégral
1La lingua portoghese ha un lungo coinvolgimento, diversificato, con diverse regioni asiatiche e del Pacifico. Le situazioni di contatto linguistico stabilitesi nel tempo, associate ai diversi contesti sociali e storici variegati tra loro, produssero un complesso quadro linguistico. L’apertura del Nuovo Mondo e l’incontro, inevitabile, tra lingue e culture diverse stimolò lo sviluppo di un complesso processo di comunicazioni che, da subito, implicò la necessità di figure che potessero tradurre i messaggi e le informazioni comunicate da una lingua all’altra.
2Queste traduzioni, orali e scritte, ebbero un impatto culturale e sociale molto ampio1. Nello spazio dell’Impero Portoghese d’Oriente, la diffusione della lingua portoghese in Asia avvenne nella misura in cui i lusitani riuscirono a consolidare le proprie conquiste territoriali in quel continente. L’antica Costa del Malabar, che oggi corrisponde all’attuale Stato del Kerala, fu la regione dove, inizialmente, i portoghesi si stabilirono; mentre nel 1505, Coccino, Cananore e Coulan erano già interposti portoghesi, da dove si proseguiva con i viaggi e le conquiste. Le praças-fortes e i territori dell’antico Estado da Índia si localizzavano principalmente nelle regioni del Golfo di Cambaia (Damão, i territori di Dadrá e Nagar-Haveli, Diu) e della Costa del Concan - Bassein, Salsette, Bombay, Chaule, Goa e Mangalore - attuali sati del Maarastra, Goa e Karnataka.
3La presenza portoghese si conserva in queste regioni fino agli inizi del XVIII secolo, momento nel quale si riduce a Goa, Damão e Diu. La Costa del Malabar, quindi, è una regione speciale per quanto riguarda l’interconnessione tra il Portogallo e l’Asia e anche per lo studio del contatto linguistico diretto tra le lingue e possibili dialetti, in particolare tra il portoghese, il konkani - nome nativo कोंकणी koṃkaṇī – vernacolo in uso a Goa, il guzarate di Dio, Cambaia, Surat, Daman, il maratta nella costa occidentale centrale, il maharastra e tamil nadu2.
4I portoghesi avevano lasciato la propria terra non soltanto per cercare nuovi mercati, cioè, per motivi di natura economica, ma anche per diffondere la fede religiosa. Infatti, a Malacca era destinato il primo piano di evangelizzazione e conversione3, per il quale si chiedeva al monarca portoghese che inviasse nuovi missionari. Si chiedeva inoltre che i sacerdoti inviati imparassero le lingue locali e il portoghese. Per evangelizzare, difatti, era necessario comunicare con le popolazioni in loco. Le attività svolte da commercianti, militari, marinai e chierici, furono vie, per eccellenza, per veicolare e diffondere la lingua portoghese nei territori conquistati.
5Da precisare però, che nelle caravelle non viaggiavano soltanto nativi lusitani, ma anche persone provenienti da tutta l’Europa, spagnoli, francesi, italiani, fiamminghi, britannici ed altri,4 che entravano in contatto con le popolazioni locali usando il portoghese, oltre al trasporto di schiavi africani che arrivavano in Oriente e che lì giungevano parlando le proprie lingue native. Dall’inizio del XVII secolo, olandesi e inglesi disputavano il dominio dei mari ai portoghesi, ma è da notare che proprio gli olandesi portavano nelle loro imbarcazioni interpreti che parlavano il portoghese poiché nei porti dove i portoghesi si erano stabiliti, il portoghese era una specie di lingua franca, necessaria per realizzare gli affari.
Si parlava portoghese, puro o in creolo, in tutta l’India, in Malesia, nel Pegu, Bramà, Sion, Tunkin, Concicina, Cina, Perisa, Turchia, Mecca in Arabia […] ma dove si è fatto sentire di più l’influenza della lingua lusitana è stata nei territori indiani.5
6Il portoghese, infatti, era usato non soltanto nelle città asiatiche conquistate dai portoghesi, ma anche da molti governanti locali nei loro contatti con gli stranieri.6 Inoltre, l’attività missionaria, innestata nel sistema del Real Padroado Português7, ebbe un ruolo essenziale nella diffusione della lingua, poiché penetrò in tutti gli ambienti del continente asiatico.
7Se in una prima fase, l’operare dei missionari aveva come scopo primordiale quello di evangelizzare le popolazioni locali, in seguito, la traduzione della dottrina e delle verità della fede nelle diverse lingue native che però «si era sviluppata in contesti culturali greco-romani e germanici8» si rivelò prioritaria.
8In questo contesto, il confronto tra lingue genera il dispiegarsi di una mestiçagem linguistica9, derivata da fenomeni di convivenza quotidiana e plurilinguistica che sono parte attiva di uno scenario linguistico storico di reciprocità, dove s’incrociano, trasversalmente, diversi elementi di aculturazione (intesa d’accordo con il significato che le attribuisce l’antropologia culturale, cioè, l’incontro tra due culture e la loro conoscenza reciproca, senza alcuna osmosi o assimilazione l’una dell’altra e questo, implica un adattamento esteriore, dialogo, assimilazione e scambio vitale tra le culture che si incontrano).
9Sin dall’arrivo dei portoghesi e dall’azione di conquista del 1510 del vicerè Afonso di Albuquerque, i religiosi missionari giunsero con l’intenzione di diffondere la fede cristiana e, da subito, cominciarono a fondare seminari, collegi e scuole cristiane dove l’insegnamento seguiva il modello della cultura europea.
10Nelle missioni della Compagnia di Gesù, infatti, si svilupparono una serie di misure pastorali intente a favorire questo rapporto dialogico e dove la conoscenza delle lingue locali era richiesta per potere andare in missione nel Nuovo Mondo. Una di esse, denominata accomodatio10, rappresenta proprio questo tentativo di avvicinamento culturale.
11Le istruzioni di condotta di Francesco Saverio (1506-1552), arrivato in India nel 1542 con i primi gesuiti, si riferivano al rispetto delle credenze, usanze e gerarchie religiose locali che i missionari dovevano adoperare in Oriente, anche se in realtà non furono rispettatte, vista la distruzione di diversi templi hindu durante il secolo XVI. Comunque, il gesuita, in primis, imparò il tamil, una delle cinque lingue dravidiche del sud dell’India, perché strumento utile alla diffusione della fede cristiana. L’arrivo in India di una nuova cultura, quella europea, identificata mediante il contatto diretto con nuove lingue, in particolare, con il portoghese, che s’imbatte con nuove realtà, costumi e tradizioni non può rimane inerme, acquisisce e introduce, quindi, nuovi concetti e nuove nozioni linguistiche tramite un movimento di interscambio reciproco (in out) che, col passare del tempo, integrano definitivamente la propria lingua e conseguentemente la propria cultura.
12In questo senso, la politica linguistica della Compagnia di Gesù mirava alla conoscenza e alla spiegazione lessicale più profonda delle lingue native. Ecco allora, la partecipazione dei religiosi gesuiti a dialoghi o dispute teologiche con alcuni saggi bramini con la conseguente conversione di alcuni di essi. Si tratta di azioni che hanno permesso d’incrementare il proprio patrimonio lessicale appartenente alla lingua locale e di penetrare ancora di più nella cultura nativa. I missionari gesuiti, infatti, sono stati i primi ad interessarsi della lingua vernacolare di Goa, il konkani (in portoghese concani[m] o detta bramana), proprio per avvicinare le popolazioni locali.
13Il gesuita Thomas Stephens (1549-1619) scrive la Doutrina Christam em Lingoa bramana canarim, ordenada à maneira de dialogo para ensinar os meninos, Colégio de Rachol, 1622, esattamente con l’intenzione di attirare l’attenzione dei bambini. Seguono altre pubblicazioni come ad esempio la Grammatica da Língua Concani, composta pelo Padre Thomaz Estêvão e l’Arte da Lingua Canarim, acrescentada pelo Padre Diogo Ribeiro e revista por outros quatro Padres da Companhia, Colégio de S. Inácio da mesma Companhia, Rachol, del 1640. Monsignore Sebastião Dalgado afferma addirittura che la storia dell’evangelizzazione portoghese coincide, in certo modo, con la storia della diffusione della lingua11; allora, si considerava infatti che il portoghese fosse la lingua cristiana per eccellenza. Inoltre, lo stesso linguista dichiarò nel 1913, dopo 25 anni di studi sulla semantologia e sull’etimologia del konkanī, che aveva osservato anche l’influenza della lingua portoghese nell’India Britannica, ove circolavano numerosi lemmi di origine lusitana12.
14È soltanto a partire dal XVIII secolo che la cultura portoghese comincia a diffondersi tra i non ecclesiastici, uomini dello Stato e liberi professionisti, cioè, medici avvocati, insegnanti, ricchi proprietari. Sebbene la lingua madre di tutti fosse il konkani, anche il portoghese era costantemente presente nella routine quotidiana, in quanto parlato dai genitori in situazioni ufficiali e in uso a scuola13.
15Negli ultimi decenni, le strategie e le metodologie adottate dai missionari per l’evangelizzazione dell’altro, sono state significativamente studiate dalla linguistica e, in particolare, dalla linguistica missionaria14. In quest’ambito, la ricerca relativa ai ‘prestiti lessicali’, cioè, ai lemmi ed etimologie che migrano dal lessico di una lingua ad un’altra - uno dei principali meccanismi di ‘innovazione lessicale’15 - costituisce un campo di osservazione preferenziale per i linguisti perché mette in evidenza sia una serie di informazioni relative al contatto tra le lingue – aspetto sociolinguistico – sia gli scambi economici, culturali, scientifici e tecnologici avvenuti tra civiltà – aspetto storico e antropologico.
16A Goa, la lingua d’istruzione e di catechesi fu, tendenzialmente, il konkani, la lingua vernacola locale, con eventuali ricorsi linguistici al sanscrito, come, per esempio, nel caso dei rituali legati alla somministrazione dei sacramenti. Il konkani, del Concan, era parlato da Bombay a Mangalore, malgrado avesse denominazioni diverse a seconda della regione di provenienza16.
La lingua portoghese è appresa e parlata grammaticalmente dai chierici, avvocati, medici, funzionari pubblici e tutti coloro che hanno una qualche istruzione: tutti costoro parlano anche un corrotto dialetto, formato dal portoghese e in konkani o lingua maratta, […] che tuttavia è stato ridotto a regole grammaticali. Le persone del popolo, e quelli che non sanno leggere, soprattutto le donne parlano soltanto questa lingua. L’indostano e altre lingue orientali sono lì molto poco conosciute.17
17È certo che le opere missionarie sono state sviluppate per scopi di evangelizzazione e gli sforzi dei missionari sono spesso associati alla sottomissione coloniale e all’egemonia degli europei. È vero anche che i missionari erano, inevitabilmente, di parte; infatti, nelle loro ricerche linguistiche, si possono notare approcci eurocentrici18. Anche oggi, gli studiosi di quest’area non sono del tutto esenti da atteggiamentin di questo tipo , come possiamo leggere in diversi articoli nel volume curato da Paul Newman e Martha Ratliff19. Il presupposto che la terminologia cristiana non potesse essere tradotta spiega l'imposizione del latino, portoghese, spagnolo, inglese, ecc., nonché l'introduzione di prestiti di parole da queste lingue nelle lingue native.
18L’identificazione di vocaboli d’etimologia portoghese in lingue asiatiche è antica, e, già verso la fine del XIX secolo, alcune pubblicazioni di carattere filologico vi facevano riferimento: è il caso dell’articolo di A. E. Buultjens, pubblicato nel 1885, nella rivista The Orientalist, del Ceylon e quello di L. Nell, pubblicato nella stessa rivista nel 1888-188920. Tuttavia, è con il contributo degli studi del Monsignore filologo goano Sebastião Rodolfo Dalgado che questi studi evolvono in modo considerevole21, malgrado anche il portoghese Adolfo Coelho avesse già dedicato alcune pagine dei suoi studi all’argomento22.
19Più tardi, Graciete Batalha23, dedica un volume alla presenza della lingua portoghese a Goa, e evidenzia il parlare quotidiano popolare odierno. Nell’Influência do vocabulário português em línguas asiáticas (abrangendo cerca de cinquenta idiomas), del 1913, Dalgado, raccoglie diverse informazioni riguardanti gli etimi portoghesi presenti nelle 52 lingue del continente asiatico e riferisce le caratteristiche fonetico-fonologiche e morfosintattiche che distinguevano il portoghese di Goa dal portoghese che si parlava in Portogallo appunto per l’influenza della lingua locale, come la presenza della consonante aspirata ‘h’ o con la sua introduzione in alcune parole, phirgaz ‘freguesia’ [circoscrizione]; phárd ‘frade’ [frate].
20Il contatto diretto e prolungato nel tempo, tra il portoghese ed il konkani di Goa innescò un processo di introduzione e di ricezione lessicale nel vernacolo goano, come afferma Dalgado24: il konkani recepisce nuovi lemmi che indicano oggetti, frutti, ecc., fino ad allora non identificati da quella lingua perché sconosciuti o poco usuali nella regione. Era, infatti, una presunta soluzione per l’inesistenza di vocaboli corrispondenti, adeguati, nella lingua nativa.
21Lessemi come25 armário, balde, bomba, botão, camisa, fita, pena, pipa, pistola, meia, cadeira, copo, cozinha, doce, pão, jogo, tronco, bacia, banco, grade, leilão, sorte, buraco, chave, renda, ponta [ cioè, armadio, secchio, pompa, bottone, camicia, fascia, penna, barile, pistola, calza, sedia, bicchiere, cucina, dolce, pane, gioco, tronco, bacinella, panchina, grata, asta, fortuna, buco, chiave, rendita, punta], rappresentano alcuni esempi di denominazioni relative alla vita quotidiana; tuttavia, esistono anche termini che riguardano mestieri e professioni, mestre, pedreiro, ama, aia, [cioè maestro di bottega, muratore, balia, cameriera della dama di corte], o ancora relativi a nuovi frutti e piante come ananás, anona, caju, couve, papaia, pera, tabaco, [cioè ananas, anona, anacardi, cavolo, papaia, pera, tabacco].
22In tale percorso linguistico, il konkani svolse un ruolo primordiale perché era a contatto quotidiano con il portoghese, un contatto d’altronde fondamentalmente di conversazione orale. L’acquisizione, quindi, dei prestiti lessicali portoghesi vede la sua trascrizione fonetica e fonologica in konkani (così come nelle altre lingue orientali) alterata. Secondo alcuni paradigmi teorici, come è quello della Teoria dell’Ottimizzazione, sviluppata con base negli studi di Prince e Smolensky26, l’analisi dei processi di adattazione fonologica dei prestiti lessicali costituisce una vera e propria metodologia linguistica che regge la loro adattazione fonologica. Nel caso particolare del konkani, ad esempio, cadono con facilità le lettere o le sillabe iniziali e finali delle parole portoghesi.
ananás |
nanás27 |
igreja |
girjá |
evangelho |
vānjel |
indulgence |
duljens |
domingo |
Míngu |
vigário |
Vigár |
23La ‘g’ si modifica normalmente in ‘z’ dopo le vocali ‘a, o, u’.
Imagem |
imáz |
Relógio |
relóz |
24Dal contatto linguistico tra le lingue nascono nuove lingue. A questo proposito, è significativa l’alterazione fonetica dei sostantivi propri. Nel quadro presentato di seguito, si utilizza il riferimento al creolo come fenomeno linguistico luso-asiatico documentato da diversi autori come Dalgado, 1921; Holm 1989; Tomás 1992 e 2008; Cardoso, Baxter e Pinharanda Nunes 2012 e Cardoso 201428. D’accordo con il linguista Dalgado, sottolineamo che il creolo indo-portoghese coinvolge diversi territori geograficamente distinti tra loro, che possiedono diversi elementi di contatto, ma presentano anche differenze specifiche29. Nel portoghese di Goa esistono alcune peculiarità dialettali che non si possono definire creoli, allo stesso tempo, ci si può trovare delle singolarità tipcamente creole circonscrite ad una regione.
Portoghese |
Creolo |
Konkani |
|
Joaquim Joaquina |
Jôquim Jôquina |
Jākí Jākín |
|
Francisco Xavier António Caetano |
Franç-Xavier Anton-Caeano |
Franç-Xavier Anton-Caetano |
|
José Filipe |
Zé-Filippe |
Zé-Filippe |
|
Francisco José |
Franz-Zé |
Franz-Zé |
25Come accennato precedentemente, il movimento di recezione dei prestiti lessicali è reciproco, quindi avviene anche nel senso inverso, cioè certi vocaboli dalle lingue asiatiche sono introdotti nella lingua portoghese, ma questo è un altro aspetto che richiede un altro studio.
26Nella Goa del Seicento e Settecento, il fatto di conoscere il portoghese, non era un aspetto marginale, poiché nella società goana dell’epoca, utilizzare parole come […] mana, cunhado, padrinho, madrinha, afilhado, sermão, padeiro, pedreiro, cavouqueiro, rezar, feitiço […], [cioè sorella, cognato, padrino, madrina, figlioccio, vicario, sermone, panettiere, muratore, scavatore/minatore, pregare, stregoneria] di per sé, tracciava una linea invisibile, ma pur sempre divisoria, tra cristiani e indù30. Infatti, pur di non incorrere nel rischio di confondere il cristianesimo con l’induismo o con l’islamismo, i missionari portoghesi o portoghesizzati, cercarono da subito di includere nelle lingue native quei lessemi essenziali che erano caratterizzanti del cristianesimo e che ancora oggi si trovano nella vita odierna goana soprattutto nell’ambito della vita religiosa.
27Proprio con lo scopo di identificare i prestiti lessicali della lingua portoghese concernenti la vita cristiana, inseriti nel konkani di Goa, si è effettuata una ricerca linguistica mirata e specifica fondata su un breve corpus costituito dalle seguenti opere di carattere linguistico: dall’orientalista goano Monsignore Sebastião Rodolfo Dalgado, Influência do Vocabulário Português em línguas asiáticas31, versione fac-simile della 1ª edizione del 1913; Dialecto Indo-Português de Goa; Contribuições para a lexicologia luso-oriental, pubblicato a Coimbra, dall’Imprensa da Universidade e pubblicato nel 1916; Dicionario konkani-portuguez pubblicato in Bombay nella tipografia dell’Indu Pracash, nel 1893; Glossário Luso-Asiático, Coimbra, Imprensa da Universidade, 1919 e dal volume pubblicato da Joaquim Heliodoro Cunha Rivara intitolato Dicionario portuguez-concani32. Il risultato ha messo in evidenza numerosi lessemi di carattere cristiano recepiti dal concanim de Goa, con una riproduzione fonetica, ovviamente, alterata.
28Come si può vedere dall’analisi della Tabella 1, in appendice, le voci lessicali usate genericamente in ambito cristiano e qui registrate sono identificate mediante la forma fonetica indicata da Sebastião Dalgado, con l’eccezione di tre, tempestivamente menzionate. Le trascrizioni di Dalgado, una del 1893 e l’altra del 1913, hanno avuto negli anni una evoluzione fonetica e linguistica, per cui, si è optato per inserire entrambe le forme fonetiche, pur di facilitarne la comprensione e stimolare futuri studi. Per quanto riguarda i diversi lessemi in lingua vernacola, si sono conservate le forme fonetiche indicate dall’autore nel 1893.
29Oltre all’individuazione generica di prestiti lessicali, si sono identificati circa una quarantina di vocaboli, utilizzati, esclusivamente, in ambiente ecclesiastico e recepiti direttamente dal kokani di Goa nella sua forma fonetica originale.
30Acólito; Advento; Aleluia; Amito; Arcebispado; Banqueta; Batina; Bispado; Breviário; Casula; Cónego; Consagração; Consagrar; Cota; Custódia; Embatinar; Epístola; Estola; Eucaristi;a Frontal; Galheta; Manípulo; Mitra; Naveta; Partícula; Pastoral; Patena; Patriarca; Primaz; Recolhimento; Responso; Retábulo; Ritual; Sacra; Salmo; Sanguinho; Serafim: Sobrepeliz; Turíbolo; Zelador.
31Questa interconnessione esistente tra le due lingue si riflette, evidentemente, nella cultura, nell’arte e nella letteratura goane. Si riporta qui solo qualche esempio. Il proverbio goano Imphern dúkhachem, sāunsar axetço, sorg sukhatço.33 [L’inferno è di sofferenza, il mondo è di speranza e il cielo è di felicità], dove si registra l’uso del lessema ‘imphern’ (Impheru. Impherna)34. Per l’emergere di una letteratura goana di espressione portoghese furono importanti la presenza dei portoghesi e le attività di evangelizzazione dei missionari.
32Proprio in questo quadro, ci sembra di particolare interesse l’opera seicentesca del gesuita portoghese Miguel de Almeida (1607-1683)35 che scrisse il testo intitolato Jardim dos pastores36 ou Festas do anno na lingua Brahmina, un testo di carattere dottrinale, pubblicato a Goa nel Collegio della Compagnia di Gesù, in cinque volumi, tra il 1658 e il 1559. Tre volumi di quest’opera si trovano conservati nella Central Library di Pangim, mentre un altro volume si trova a Londra nella Scuola di Studi Orientali e Africani. Il primo volume, formato da 557 pagine, fu oggetto di uno studio analitico realizzato nel 1922, dallo storico gesuita Henry Hosten e pubblicato a Bombay sul giornale Examiner. Trattasi di una delle prime opere scritte in lingua vernacola, il concanim ed è una sintesi della fede cristiana d’accordo con la Summa Theologica di S. Tommaso d’Aquino37 e secondo Gerson da Cunha, è un documento che registra il tipo di linguaggio usato nel XVII secolo, nei pulpiti di Goa38 , in cui è molto evidente l’influenza del lessico portoghese di carattere religioso.
[…] Deuache seue bhagty nimiti apuly cuddi, atmo, chita, mana, antascarana, Deuaca samarpile’, zituli misã tiye Igrazantu sangati, ti ituliī aica, va samesta’ Sacerdotinche seua chacariyeca pava: São Xisto Srostu Sacerdote zitule Bautissima cary, teān ituleāi Bauptismō lagui apanna hazira zai: ballalliquechea’ca Confessara caru’ca veta’, pauitra unção vharata’, Sanctissimo Sacramento dita’, sadha saruadha tache sangati vacha […]39
33Analizzato il brano con attenzione, s’identificano le parole da noi sottolineate che rimandano alla lingua portoghese e che sono già identificate nella ricerca sopra citata.
34Sempre nel campo letterario goano sarebbe molto utile l’esame metodico dell’opera poetica scritta con competenza in konkani da António Pereira Vaz, figlio dell’avvocato Batista Vaz proprietario e direttore del giornale settimanale Porjecho Adar [Aiuto del Popolo]. Non è questo il luogo, quindi, ci limitiamo a riferire soltanto il titolo di alcune composizioni liriche che rivelano l’influenza della lingua portoghese. È il caso di: Fam’, Salvô, Vespr ani Fest; Milagrin novro mevlo?; Adão ani Eva; Cazaracho Sacrament (Ecvôtt); Advogad, per far solo qualche esempio.40
35Anche a livello artistico si manifestano espressioni di inculturazione e di interazione tra le diverse manifestazioni artistiche. L’arte di Ângelo da Fonseca41 evidenzia questo dialogo, anche se fu un arte conquistata “a ferro e fuoco”, come si può vedere dalla lettura della biografia dell’artista goano, precursore dell’arte cristiana in stile indiano.
36Malgrado le opposizioni e le contestazioni personali che subisce, Fonseca si rivelerà, nei primi decenni del XX secolo, come un vero artista d’avanguardia. Infatti, dopo aver perseguito gli studi fuori dalla propria terra natale, ivi ritorna nel 1931 perché invitato dal suo maestro ad affrescare delle chiese42. Dipinge allora un quadro della Vergine Maria vestita con un sari tradizionale goano, il kumbi. È il primo artista a farlo. Le critiche della società cattolica conservatrice non si fanno attendere, in particolare quelle del parroco di S. Estevam, che lo condanna per aver dipinto una tematica cristiana con configurazioni indiane.
37Certamente in un contesto coloniale inserito in un quadro dittatoriale tipico dello Stato Nuovo di Salazar, dove si diffondeva sempre di più il movimento nazionalista goano, il cosmopolitismo artistico di Ângelo da Fonseca era considerato pericoloso. La sua arte radicata nel principio dell’universalità cristiana fa tremare le certezze secolari che caratterizzavano la società coloniale e secondo le quali, ad esempio, la rappresentazione classica della Vergine, con indumenti e viso europei erano il fondamento della propria costruzione identitaria. Marginalizzato e perseguitato dai propri famigliari e dalla società goana, l’artista abbandona Goa43 e si trasferice a Pune dove lavora liberamente44. Si rifugia in un austero ashram anglicano e non indù, nel Christa Prema Seva Sanga, di Shivajinagar, fondato dal Padre J. C. Winslow45, con l’obbiettivo di promuovere il dialogo tra le culture, uno spazio dove il cristianesimo e l’induismo ‘s’incrociavano’. L’artista diventa audace e include nelle sue opere molti elementi e simboli caratteristici della cultura indiana, poiché cercava un nuovo lessico visuale e artistico per narrare gli episodi cristiani, ma da una prospettiva nativa. In questo senso assorbe, incondizionatamente, i linguaggi culturali di tutto il subcontinente indiano. Tuttavia, come afferma Vivek Menezes46, la sua arte era, paradossalmente, molto indù per i cattolici e molto cattolica per gli indù, così come era considerata molto indiana per l’Occidente e molto occidentale per gli indiani.
38Nel 1961, Goa fu annessa all’India e inserita nell’Unione Indiana, dopo un periodo storico abbastanza travagliato. Goa, liberata dal dominio portoghese, Damão e Diu dovettero scegliere tra il rimanere sotto l’amministrazione diretta del governo centrale o il dissolversi negli stati vicini. Vinse la prima possibilità, ma Goa cercò di ottenere lo statuto di Stato Federato, condizione che raggiunse nel 1987. Attualmente, ogni stato indiano possiede il suo proprio idioma ufficiale che è affiancato dall’hindi e dall’inglese, lingue utilizzate nell’amministrazione a livello nazionale. Nello stato del territorio indogangetico, dove si usa l’hindi, anche l’urdu costituisce un idioma ufficiale; si tratta di una coesistenza linguistica che secondo Aamir Mufti47 è spontanea per i parlanti nativi. Difatti, afferma ancora questi, non esiste un singolo nome per indicare la formazione linguistica, sia l’hindi, l’urdu o l’hindustano. Indiani e pakistani usano una lingua o l’altra per fare le stesse costruzioni del proprio discorso. Urdu e Hindi rappresentano due registri linguistici che si identificano con “duas identidades religiosas e culturais distintas e reciprocamente contigentes”. Goa, in questo contesto e nella sua condizione di Stato, doveva scegliere una lingua ufficiale tra il konkani e il marathi, usato nello stato di Mabhàráshta e, d’accordo con la tradizione, usato come lingua colta dagli indù di Goa48. Alcuni studiosi difendevano l’idea di John Leyden (1775-1811), che affermava che il konkani era un semplice dialetto del marathi e non una lingua.
39Il 4 febbraio 1987, l’Assemblea Legislativa dichiara il konkanī lingua ufficiale di Goa e indica che questo sia redatto non secondo l’alfabeto latino usato dai cristiani fin dal XVI secolo ma in caratteri devanâgarî (nome tradizionale della scrittura usata, soprattutto nel nord dell’India, per riferire il sanscrito e alcune lingue che da esso derivano come hindi, nepalī, marathi).49
40Ciononostante, la Chiesa Cattolica continua a stampare i libri liturgici e le traduzioni della Bibbia in caratteri latini, fatto tollerato dallo Stato indiano. Oggi, a Goa, la popolazione indù usa frequentemente il marathi come lingua della cultura, mentre il konkanī conserva uno statuto elevato soltanto nelle chiese dove viene utilizzato quotidianamente nella liturgia, nelle omelie e nel catechismo.
41Ancora nella Goa di oggi, si possono udire celebrazioni di riti, tradizioni o usanze cattoliche in lingua portoghese. Un articolo di Inês Gonçalves, pubblicato nel 2014, nel giornale macaense (Cina) Ponto Final, descrive la situazione del portoghese a Goa, dove oramai sono ‘pochi o anziani’ coloro che parlano questa lingua; quindi, il konkanī, l’hindi e l’inglese sono le tre lingue ufficiali. Ciononostante, afferma l’autrice, se si resta qualche giorno in più a Panaji, inevitabilmente, si sente parlare il portoghese anche se un poco ‘masticato’. Sono persone emigrate che ritornano per le vacanze o descendenti di portoghesi di Goa che, anche se non sono mai usciti dal proprio paese, continuano a parlare il portoghese in determinate situazioni50. Si ritrovano tutti, la domenica, nella Chiesa della Imaculada Conceição di Panaji, dove la messa ancora è celebrata in portoghese dal P. António Xavier. Costituisce pure un’occasione di relax o d’incontro quello vissuto presso il Clube Vasco da Gama, momenti semplici di ritrovo tra persone che cercano di tutelare la propria cultura, l’ identità e di coltivare la lingua portoghese, in un territorio che, la veicola, dal 1498. Nella vita odierna come lo ricorda l’antropologo Newman51, nel tempio di Shanta Durga di Fatorpa, vicino Cunculim, si festeggia la festività indu zatra alla quale partecipano indù e cattolici, tutti grandi devoti della dea celebrata. Lo stesso avviene con la festa realizzata in onore della Madonna dei Miracoli, che si festeggia nella Chiesa di S. Jerónimo di Mapuça52.
42Una convivenza religiosa e culturale inevitabile per chi vive 24 ore tra diverse culture. Nella società goana, quindi, è presente un dialogo interculturale costante che va al di là dei riti e dei tabù quotidiani. La dottrina e la predicazione dei cristiani, insieme al dialogo effettivo tra missionari gesuiti europei e chierici nativi avvenuto nello spazio goano, soprattutto durante il XVII secolo, dimostrano che la convivenza interculturale, individuale o collettiva, manifesta le prime radici di un nuovo paradigma interlinguistico radicato profondamente nel rapporto con l’altro, persona appartenente alla cultura altra. Un nuovo prototipo di miscegenazione linguistica e di dialogo tra culture53.
43A Goa permane un problema che riguarda la stesura scritta del konkanī. Quest’ultimo, infatti, conserva uno sviluppo della forma fonetica e grammaticale antico, contenendo una grande varietà delle forme verbali a somiglianza del sanskrito e un grandissimo numero di forme grammaticali che non si trovano nel marathi, ma che, a volte, sono perfino forme antiche di esso54.
Appendice
44[Tabella 1: Lessico portoghese usato in ambito religioso introdotto nel konkani di Goa]
Portoghese originale |
Forma fonetica in konkani55 |
Corrispondenza lessicale possibilie in vernacolo56 |
absolvição |
ābsolusámv |
|
adro |
Ádr |
|
água benta |
āg-bént; āgabeṁta |
pavitra udaka, tîrthodaka |
alma |
âlma; âtmo |
|
altar |
Āltâra |
vedî, uṁchastana |
amen |
āmén; āmena |
aseṁ jaṁva, svasti |
andor |
āndôr; āndôl. |
|
anjo |
ánj (usato tra i cristiani); âṁja |
bhaḍavo, devadûta, îṥvaradûta. |
anjo custódio |
raqhanno bodduvo (da Rivara) |
|
apóstolo |
Āpóstl |
|
Arca de Noé |
Ārka |
peṭa; târûṁ |
Arca da Aliança o Arca do Senhor |
ārkapeṭa |
|
Arcanjo |
ārkâṁja |
Adhidevadûta |
Arcebispo |
Ārsebîspa |
|
Arcediago |
Ārsedyág |
|
avé-maria |
Āvemarí |
|
baptismo |
Bāvtíjm |
|
barrete (eclesiástico) |
Barrêt |
Topî |
beata |
beâta, beâtîna (beata celibataria) |
|
benção |
bemsámv; beṁsâṁva (usato tra i cristiani) |
divuṁka, ghevuṁka |
benzer |
benhár-karunk |
|
benzimento de casas |
bejimeṁta |
|
bispo |
bísp; bîspa |
Dharmadyaksha |
bissexto |
bisêst (usato soltanto a goa) |
|
capela |
Kapél |
Devasthâna |
capelada |
Kaplád |
|
capelão |
kapelāṁva |
|
caridade |
kāridād |
|
casar |
Kāzár kāzár-karunk = dare da sposare; kāzár-zāvunk = sposarsi; kāzró = matrimonio problematico, casório; kāzāri = sposato, distinto da vedovo e da celibe; kāzārātsó, kāzārāchi, kāzārāchém = nubile, pronto per essere preso in sposo. |
|
cartilha |
kâḍaṭila |
pothî, paṭṭî, graṁtha |
castiçal |
Kâstisâla |
jâta, varṇa |
catecismo |
kātesízm; katekízm |
|
católico |
Kātólk |
|
cemitério |
simitér; simitera |
masana, pretabḥûṁya. masaṇ pretbhuṁy = cemitero degli indù |
cerimória |
sermón; seramona |
âchâra, upachhâra, kriyâ, paravada, rîta, saṁskâra |
clero |
pādrí-lok |
|
colégio |
Koléj |
pāṭhsáḷ math |
comungar |
kum’gár; kumagâra saiba guetā (ricevono il signore); (da Rivara) saiba sevitā (mangiano il signore) (da Rivara) |
sáheba ghevuṁka |
comunhão |
komunhámv; komujñâṁva |
|
condenado |
kondenád (usato tra i cristiani) |
|
confiança |
Komphyáms |
|
confessadouro |
kum’sador |
|
confissão |
kumasàra |
|
confraria |
komphrāri, komphr |
|
conselho |
Konselh |
Budh |
consoada |
Kunsvár |
|
conta |
Kont |
hixôb, lekh, lekhó, gaṇṭí, bábat, sankhyá |
contas (de reza) |
Kont |
mālá, zapmālá, samarṇí |
coração |
Kurāsámv |
|
coro |
kôr; kora |
Gâyanasthâna |
coroa |
kurôv |
|
costume |
kustum’ |
|
crisma |
krísm; krijma |
|
crismar |
krîjmârakaruṁka |
|
cristão |
kristámv; kristâṁva |
|
cruz |
Khurîsa |
|
crucificar |
mâruṁka |
|
cuidado |
kuidád (utilizzato tra i cristiani di goa) |
|
cura (coaiuttore del parroco) |
Kûra |
|
devoção |
devosámv, devosâṁva |
bhakti, bhâva, bhaktibhâva, susâdhupṇa, samarpana |
diabo |
dyáb (utilizzato tra i cristiani) |
|
domingo de ramos |
râmûcho áyatâra |
|
ermida |
irmít |
|
escândalo |
eskánd |
|
esmola |
izmól (utilizzato tra i cristiani di goa) |
bhík, dharm |
esperança |
Esperams |
Bharvāmsó |
espírito santo |
sprít sánt |
|
evangelho |
Vānjel |
|
excomunhão |
eskomunhámv, eskomungámv |
|
extrema-unção |
stremauṁksâṁva |
|
fábrica da igreja |
phâbrika (beni comuni). |
|
fé |
phé-bhāvárth (uso tra i cristiani di goa) |
Bhāvárth |
feriado |
Pheryád |
suṭí |
figura |
phigúr (liturgico e figurativo) |
bāhulém, putḷí; song, yantr |
frade |
phrád; phrâda; pharád (al femminile significa ‘tonsura clericale’) |
sanyâsî, maṭhavâsî |
freguesia |
phirgaz |
|
gentio |
jintú (utilizzato come sinonimo insieme a konkṇó. negativo) |
anbhāvārthí (cioè, infedele. |
graça |
grás, gracejo |
khebaḍ, chexṭáy |
herege |
Ereja |
sâstrarirodhí, kumârgí |
hissope |
isóp |
|
hóstia |
ôst |
|
igreja |
igraz, igarz, igaraja |
devasthâna, devamaṁdira, devâlaya ou devûla, mahâlaya, maṭha, prâsâda |
imagem |
Imáz |
rūpkár, sārkém, sarūpáy, múrti, bāhulí, putlí |
indulgência (ecclesiastica) |
dulgens; duljeṁsa |
|
inferno |
impheru. Impherna |
yamakaṁda, agnikaṁda, pûtûla, naraka |
irmandade (confraria) |
irmāṁdâda |
dharmabaṁdhutvi |
ermida |
irmîta. |
prârthanâlaya, devasthâna |
jejuar |
jin’vár upás = digiuno naturale; ekbhakt = digiuno ecclesiastico; jejum = jinjum |
|
Jesus |
Jejû |
|
jubileu |
jubileva |
|
judeu |
judeva (figura di paglia che si brucciava durante la vigilia della festa di s. giovanni battista che in realtà, rappresenta giuda). |
|
junta paroquial |
jûṁta |
sahâ, mela, jamo |
ladainha |
Ladîna |
|
lázaro |
lásuru |
|
lepra |
láduru |
|
limão |
limbó; liṁba |
|
louvado |
Lavâda |
|
luminárias |
Luminád |
dípāvali, dīpotsav |
luto |
lút |
|
madre (suora) |
mádr; mâdra |
maṭhâvasîṇa, kanyâstrî, jagîṇa |
maldição |
māldisámv; mālidsâṁa |
sâpa, ṥirâpa, ṥaputha, biramata |
manto |
mánt (tra i cristiani) |
|
mártir |
mārtir; mārtira |
|
mestre |
mesta; mestîra. |
âchârî, paṁtajî, ṥeṇaya, guru, ṥikavaṇâ’a, vastâda |
milagre |
Milágr |
atsaryém, naval, vismit, adbhut |
missa |
mís. mísa. misātsó pādrí = sacerdote che dice messa |
|
missal |
misál |
|
missão |
misámv; misâṁva |
|
missionário |
misiyonár |
|
mistério |
mistér; mistera |
gûḍha, paika |
natal |
natál |
|
novena |
novén’; navena |
|
óleo santo |
oktí tel |
|
opa |
óp |
|
oração |
Orāsamv |
māgṇem, prārthan |
oratório |
Orotara |
devâmạli, prârthanâlaya |
ordem religiosa |
Ord |
nirôp, hukum’, pharmaṇ, kram’, mānḍāvaḷ |
órgão (strumento musicale) |
orgám; org. orga |
|
padre |
pādrí. (clerigo, missionario, parroco, pastore) |
pādrīpaṇ |
padrinho |
padan’, padin’. |
|
padroado |
pādrovád; pādroâda |
|
pai |
páy (tra i cristiani di goa; dādá tra gli indù); pág-tiv = zio paterno come papà; vhaḍló-páy =zio paterno più grande del papà; dhākṭó-páy = zio più giovane del papà |
|
pálio |
pál; pâla |
|
Páscoa |
Pásk; Pâskâṁ |
|
patrono |
pātron |
|
penitência |
penitem, pintems |
prājít; pirājít |
perdão |
Perdámv |
bogsaṇém; māphí |
perdição |
pirdisámv; pirdisâṁva |
Satyanáx |
pia |
pí; pî |
|
preces |
Presa |
vinati, haradâsa, gârâneṁ, mâgaṇeṁ |
procissão |
pursámv; purasâṁva |
díṁḍí, játrâ, (usato dagli indù), sarári |
profeta |
prophet; propheta |
bhavishyarâdî, bhavishyabhåshí |
púlpito |
pulpút; pulpîta. in salsette si usa: mants, sadar |
piṭha, sadora,maṁcha, upadeṥâsana |
purgatório |
purgator; purgatora |
|
quaresma |
coresma (popolare), korejm; karejma |
|
querubim |
kerubím |
|
ramo (bento) |
rāma |
|
religião |
Relíjyámv |
samurt, xāstrsamurt, dharm’ |
reliquías |
Relîka |
mṛitaṥanra |
reza |
Reja |
prârthana, vinaṭî, japa |
rezar |
rejārakaruṁka |
|
rosário |
ruzáy; rujāva |
mãlâ ou mâḷâ, japamâlâ, samaraṇî |
sacramento |
sākrāment; sākrāmeṁta |
saṁskâra |
sacrário |
sākrār; sākrāra. |
|
sacrifício |
sākriphís; sākriphísa |
|
sacrilégio |
sākrilej; sākrileja |
|
sacristão |
sākristámv, sākristán; sākristâṁva |
|
sacristia |
sākristí, sānkristí. |
|
salva (salvé) |
Sālva |
|
salvação |
sālvāsámv; sālvāsâṁva |
mukti, tāran |
salvar-se |
sālvārajâvuṁka |
|
santíssimo sacramento |
sāṁtîsma |
|
santa unção |
sāṁtesâṁva |
|
sacerdote |
Sāserdota |
âchârî, guru, pujârî |
satanás |
Satānáz |
|
sé |
sé |
|
semana santa |
sumán’sant |
|
seminário |
siminár; siminâra |
metha, vidyâṁaṭha, jňânamuṭha, âvaṇa |
sermão |
sermámv |
|
tabernáculo |
tābernákl |
|
terço do rosário terço da herança |
tersa |
|
vigário |
vigár |
Notes
1 Si veda: Maria Cândida Drummond Mendes Barros, «A relação entre manuscritos e impressos em tupi como forma de estudo da política linguística no século XVIII na Amazónia», 2003; Ines G. Županov, «Do Sinal da Cruz à confissão em Tâmul: gramáticas, catecismos e manuais de confissão missionários na Índia meridional (séculos XVI-XVII)», 1998.
2 Norval Smith, 1995. «An annotated list of creoles, pidgins, and mixed languages», Arends, Jacques _ Muysken, Pieter _ Smith, Norval (eds.). Pidgins and Creoles: an introduction. Amsterdam, Benjamins, p. 331–374.
3 Realizzato dal Frà Paolo Giustiniani (1476-1528), eremita camaldolese, Enciclopedia Treccani, Dizionario Biografico degli italiani, vol 57, 2001 e Jorge Manuel dos Santos Alves, Portugal e a missionação no século XVI. O Oriente e o Brasil, Lisboa, Imprensa Casa da Moeda, 1997, p. 10.
4 Hugo Cardoso, «O português em contacto na Ásia e no Pacífico», in Ana Maria Martins e Ernestina Carrilho, Manual de linguística portuguesa, Berlim/Boston, Editora Walter de Gruyter, 2016, p. 68 – 97, p. 68.
5 Sebastião R. Dalgado, Influência do Vocabulário Português em línguas asiáticas, abrangendo cerca de cinquenta idiomas, (versão fac-similada da 1ª edição de 1913), Lisboa, Publicações Escher, 1989, p. XX. Nostra traduzione.
6 Esperança Cardeira, «O Português no Oriente e o Oriente no Português», L’Oriente nella lingua e nella letteratura portoghese, Pisa, Edizioni ETS, 2010, p. 81–93 (p. 82).
7 Privilegio istituito dalla Bolla Papale di Martino V, del 4 aprile del 1418, Respublica Christiana, che sanzionava la nuova crociata contro i musulmani del Nord Africa e l’edificazione della Cattedrale di Ceuta. Nel 1442, il Papa Eugenio IV confermò la donazione fatta dai Monarchi del Portogallo D. Duarte (1433-1438) e D. Afonso V (1438-1481) all’Infante D. Henrique, Amministratore dell’Ordine di Cristo, di tutte le conquiste e scoperte che si sarebbero realizzate. Era un documento importante emanato dal Papato perché menzionava, per la prima volta, l’ius patronatus. (Sá, 2004, p. 15). Più tardi, Papa Nicolao V, il 18 giugno del 1452, concederà a Afonso V e ai suoi discendenti il diritto di conquistare e sottomettere tutti i regni e terre degli infedeli, e con la Bula Romanus Pontifex, del 8 gennaio del 1455, la facoltà di fondare ed erigere chiese nelle sue conquiste, e di inviare il clero necessario. Nel 1472, Sisto IV (1471-1484), in una lettera inviata all’Arcivescovo di Lisbona e al Vescovo di Lamego, ristabiliva “o direito de Padroado para fundar dioceses, estabelecer igrejas, provê-las de pessoal, sustentá-las, etc.” (Rego 1940, 9), e nel 1481 confermava tutti i favori e privilegi precedentemente concessi da Nicolao V e Callisto III. L’arrivo dell’ambasciata del Portogallo a Roma, nel 1514, fascinò la corte pontificia e mediante le Bolle Dum Fidel Constantiam del 7 giugno e Praeclarae Devotionis del 3 novembre di quello stesso anno, Leone X conferma il diritto di Padroado al monarca portoghese. Nel 1521, D. João III riceve dalla Santa Sede il diritto di nominare i vescovi e altri ecclesiastici avendo il dovere di diffondere la fede cristiana. La Santa Sede, preoccupata e occupata con i problemi che aveva in Europa, concede ai portoghesi il dominio dei mari e terre da conquistare, per le quali potevano nominare vescovi e altri ecclesiastici per le cattedrali. Il Padroado portoghese nasce, così, come un diritto, emergente da un contratto bilaterale, e non ammetteva deroghe, indipendentemente dall’esistenza del dominio politico della Corona Portoghese. Cfr. António S. Rêgo, Documentação para a História das Missões do Padroado Português do Oriente - Índia, Lisboa, Agência Geral do Ultramar, 1949 e F. Valeriano de Sá, O Padroado Português do Oriente e os mitrados da Sé de Goa. Lisboa, Plátano Editora, 2004.
8 João Paulo Oliveira e Costa, A diáspora missionária. História religiosa de Portugal, Lisboa, Editora Círculo de Leitores, 2000, p. 209.
9 Sebastião R. Dalgado, Estudos sobre os crioulos Indo-Portugueses, Lisboa, Comissão Nacional para as Comemorações dos Descobrimentos Portugueses, 1998, p. 13.
10 « La méthode de conversion dite de l’accommodation est souvent attribuée aux missionnaires jésuites en Asie. On la distingue de la méthode dite de la tabula rasa pratiquée par les franciscains, dominicains et autres ordres missionnaires en Amérique hispanique, aux Philippines et dans certains territoires portugais de l’Inde. En Asie, François-Xavier, Alessandro Valignano, Matteo Ricci et Roberto Nobili sont célébrés comme les pionniers de la méthode d’accommodation ». Ines G. Županov, “Accommodation”. Dictionnaire des faits religieux. Paris: Régime Azria et Danièle Hervieu-Leger, PUF, 2010, p. 2.
11 Dalgado, 1989, p. xix.
12 Ibid., p. xii.
13 Cfr. Eufemiano de Jesus Miranda, Oriente e Ocidente na literatura goesa, Saligão, Goa 1556, 2012, p. 297
14 Maria do Céu Fonseca. Historiografia linguística portuguesa e missionária, preposições e posposições no século XVII, Lisboa, Edições Colibri, 2006; e «Historiografia linguística portuguesa: o processo de gramaticalização de línguas extra-europeias (Oceano Índico)», Revista de Letras, Série II, n.º 4, UTAD , 2005, p. 9‑22.
15 Margarita Correia e Lúcia S. P. Lemos, «Inovação lexical em português», Cadernos de Língua Portuguesa, n. 4, Lisboa, Colibri, 2005, p. 24-27.
16 Vimala Devi e Manuel de Seabra, A literatura indo-portuguesa, vol. 1, Junta de Investigações do Ultramar, 1971, p. 41.
17 «A língua portuguesa é aprendida e falada gramaticalmente pelos clérigos, advogados, médicos, empregados públicos, e todos os que têem alguma educação: todos eles falam também um corrupto dialecto, formado do português, e concani ou língua maratha, […] que contudo tem sido reduzido, a regras gramaticais. A gente do povo, e os que não sabem ler, principalmente as mulheres falam somente esta língua. O hindustano, e outras línguas orientais são aí mui pouco conhecidas.» Nostra traduzione. Miguel Vicente Abreu, Bosquejo Histórico de Goa, Nova Goa, Imprensa Nacional, 1858, p. 155; Joaquim H. Cunha Rivara, Ensaio histórico da lingua concani, Nova-Goa, Imprensa Nacional, 1858.
18 Otto Zwartjes, Portuguese Missionary Grammars in Asia, Africa and Brazil, 1550-1800, John Benjamins Publishing Company, Amsterdam/Philadelphia, 2011, p. 10.
19 Paul Newman and Martha Ratliff, Linguistic Fieldwork, Cambridge, Cambridge University Press, 2001.
20 Cardoso, op. cit. p. 72.
21 Si veda: Sebastião Rodolfo Dalgado, Glossário Luso-Asiático, Coimbra, Imprensa da Universidade, 1919.
22 Si veda: Adolfo Coelho, «Os dialectos românicos ou neo-latinos na África, Ásia e América; Notas complementares», Boletim da Sociedade de Geografia de Lisboa, 3.ª série, vol. 8, Lisboa, 1882, p. 451–478.
23 Graciete Nogueira Batalha, Língua e cultura portuguesas em Goa: Estado actual, Macau, Serviços de Educação e Cultura de Macau, 1982, p. 47-48.
24 Sebastião Rodolfo Dalgado, Diccionario Komkâni-Portuguez, Konkanî-Portuguese Dictionary, Philologico, Etymologico Composto, no alphabeto devânagarī com a translitteração segundo o sistema Jonesiano, New Delhi-Chennai, Asian Educational Services, 2012. (fac-simile, pubblicato a Bombay da Indú Pracash, nel 1893), p. XVII.
25 Fondato su Dalgado, 1989, op. cit., p. XXVIII-XXIX.
26 Alan Prince e Paul Smolensky, Optimality Theory: Constraint Interaction in Generative Grammar, Oxford, Blackwell, 2004.
27 Si può dire anche an’nas; ānanês- pianta. Igraz-igreja.
28 Sebastião Rodolfo Dalgado, «Berço duma cantiga em Indo-Português», Revista Lusitana 22, Separata, Lisboa, 1921; John A. Holm, Pidgins and Creoles, vol. 2, Cambridge, Cambridge University Press, 1989; Maria Isabel Tomás, Os Crioulos Portugueses do Oriente: Uma Bibliografia, Macau, Instituto Cultural de Macau, 1992 e «A viagem das palavras», Mário Ferreira Lages/Artur Teodoro de Matos (edd.), Portugal, Percursos de Interculturalidade, vol. 3, Lisboa, Acidi, 2008, p. 431–485; Hugo Cardoso, Alan N. Baxter, Mário Pinharanda Nunes, Ibero-Asian Creoles: Comparative perspectives, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins, 2012; Hugo Cardoso, «Factoring sociolinguistic variation into the history of Indo-Portuguese», Revista de Crioulos de Base Lexical Portuguesa e Espanhola, n. 5, 2014, p. 87–114.
29 Dalgado, op. cit., 1998, p. 69.
30 Sebastião R. Dalgado, Dialecto Indo-Português de Goa, Revista Lusitana, VI, 1900, p. 63–84 (p. 72).
31 Dalgado, op. cit., 1913, p. 1-166 e 169-190; p. 199-216.
32 Gramática da Língua Concani escrita em português por um missionario italiano, Nova Goa, Imprensa Nacional,1859 e Diccionário Portuguez-Concani, Nova Goa, Imprensa Nacional,1868.
33 O inferno é de pena, o mundo é de esperança e o céu é de felicidade. S. R. Dalgado, Florilégio de provérbios concanis, Coimbra, Imprensa da Universidade, 1922, p. 45.
34 Tabella 1.
35 Nato a Gouveia (Portogallo), entrò nella Compagnia di Gesù a 12 settembre 1624, con 16 anni d’età. Fu parrocco e rettore a Salsete e più tardi, diviene provinciale del Colégio de S. Paulo di Goa. Morì a Rachol, il 17 settembre 1683. Diogo Barbosa Machado, Bibliotheca Lusitana, Tomo III, Lisboa, Tipografia de Ignacio Rodrigues, 1752, p. 162.
36 Onvalleancho Mallo [Il Giardino dei Pastori].
37 Olivinho Gomes, op. cit., p. 273.
38 Joseph Gerson Cunha, The Końkaṇî language and literature, New Delhi-Madras, Asian Educational Services, 1991 e Philipe Neri Pires, Grammatica Maratha explicada em lingua portugueza, Bombaim, Tipografia da Missão Americana, 1854, p. 105.
39 Ibid., p. 106. Sottolineato nostro.
40 António F. B. Pereira Vaz, Sounsar, Bastorá – Goa, Tipografia Rangel, 1956, p. 13; 21; 36; 65; 91.
41 José Nicolau Ângelo António da Fonseca, nato il 6 dicembre 1902, a santo estevam, territorio che faceva parte dell’isola di Divar, appartenente alle Velhas Conquistas. Oggi fa parte della taluda de Tiswadi.
42 A. D. Lobo, «Christian Art in Indian, its pioneer Angelo da Fonseca», The Examiner, Bombay, 23th July 1957, p. 3.
43 Ângelo da Fonseca, “Indo-Christian art in Painting and statuary, a historical retrospect”, in Indica, The Indian Historical Research Institute, Silver Jubilee Commemoration Volume, edited by B. G. Gokhale, Bombay Saint Xavier’s College, 1953, p. 140.
44 Goa Plus Team, Times of India (Supplement), Bombay, 15 November 2002, p. 2.
45 Fonseca, op. cit., p. 139-153.
46 Vivek Menezes, «Finding Fonseca: an Unknown Genius Emerges», Take sacred, Issue 13, Vol.4, 2014, p. 30.
47 Aamir R. Mufti, Forget English! Orientalisms and Worlds Literature, Cambridge, MA: Harvard University Press, 2016. (p. 120) e «Orientalism and the language of Hindustan», Critical Quarterly, vol . 52, n. 3, 2010, p. 63-68 (p. 68).
48 José Pereira, Konkani, A language: a History of the Konkani, Marathi controversy, Karnatak University, Dharwar, 1971.
49 Decisione approvata il 20 agosto 1992 dalla Costituzione Indiana.
50 Inês Santinhos Gonçalves, «Encontro marcado na missa de Pangim», Jornal Ponto Final, Macau, China, 22 de janeiro de 2014. Constantino Xavier, «A Língua Portuguesa é ubíqua, está em todo o lado», Jornal The Goan (Goa, Índia) 20/07/2013.
51 Robert S. Newman, Of Umbrellas, Goddeness and dreams. Essays on Goan Culture and Society, Goa, Other India Press, 2001, p. 118-119.
52 Maria Rosa Perez, O tulsi e a cruz, Lisboa, Circulo de Leitores, 2012 p. 159.
53 Regina Célia Pereira da Silva, «Relações controversas com o outro na Goa de seiscentos», Revista Via Atlântica, São Paulo, n. 36, 2019, p. 15-232, (p. 229).
54 Gomes Olivinho, «Konkani», in Medieval Indian Literature, An Anthology, chief editor K. Ayyappa Paniker, vol I, surveys and selections, Assamese, Bengali and Dogri, Sahitya Akademi, New Delhi, 1997, p. 256-277, (p. 258).
55 Trascrizioni di Dalgado (1893 e 1913).
56 Dalgado, op. cit., 1893.
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Quelques mots à propos de : Regina Célia Pereira da Silva
Regina Célia Pereira da Silva est enseignante de langue et de culture portugaises et brésiliennes à l'université de La Tuscia, Viterbo et à l'université de Florence, Italie. Elle a une spécialisation en évaluation de l'examen Caple - Certification du portugais comme langue étrangère. Regina Célia a obtenu un diplôme de Doctorat en Littérature moderne et études philologiques-linguistiques à l'Université de Palerme, avec une thèse intitulée La langue portugaise à Goa 1510-1715. Elle a réalisé un Post-doctorat en langue portugaise : « Entre-culturas: escritas e conjunturas seiscentistas goas nos manuscritos do fascículo 23 Vertenza coi chierici bramani do Archivum Romanum Societatis », à la Faculdade de Filosofia e Ciências Humanas de l'Universidade de São Paulo, Brésil. Mme Da Silva est également chercheuse associée du projet international « Pensando Goa, uma biblioteca peculiar » et chercheuse intérimaire du projet international « Ottawa ».